FINESTRE SULLA STORIA: l’origine della superstizione del numero 13

Quante volte abbiamo sentito del giorno 13 come portatore di sfortuna, soprattutto se cade di venerdì. E quante volte abbiamo visto le diverse reazioni delle persone di fronte a questa data infausto. C’è chi ride e chi invece ci crede facendo ogni sorta di scongiuri per proteggersi, arrivando addirittura a chiudersi in casa.

La superstizione del numero 13, come tante altre che hanno accompagnato la storia dell’uomo, hanno origini molto più antiche di quello che pensiamo.

Quindi, da dove deriva questa ancestrale paura del 13?

La superstizione legata a questo numero proviene da diversi fattori, non collegabili tra loro, ma che si sono intersecati e mescolati nel corso del tempo. I primi indizi ci vengono dalla religione ebraica, in particolare dalla Cabala dove sono menzionati 13 spiriti maligni che vengono associati al montone che Abramo sacrificò al posto di suo figlio Isacco. Il numero diviene perciò il numero della morte.

Nell’antico Testamento abbiamo altri episodi che ne segnano la sventura, indicando anche il giorno della settimana, cioè il venerdì. Il primo fatto è la tentazione di Eva che sarebbe avvenuto proprio di venerdì, così come il giorno del Diluvio universale nel secondo mese dell’anno, nel giorno 17… ma ci arriveremo dopo.

Sempre secondo il racconto biblico, in questo giorno Caino uccise Abele, cioè il primo fratricidio della storia dell’umanità. Inoltre, sempre nella stessa data, avvennero anche la decapitazione di S. Giovanni Battista e l’ordine di Erode di iniziare la strage degli Innocenti il quinto giorno della settimana.

Dall’Antico Testamento passiamo al Nuovo, perché anche il Cristianesimo ha eventi negativi legati a questo numero. Nell’ultima cena, sono presenti 13 persone, i 12 apostoli più Gesù o meglio come sottolinea la tradizione, Cristo con gli 11 apostoli e il 13° rappresentato da Giuda, il traditore per eccellenza. In seguito, Gesù venne crocifisso di venerdì 13 (che per i cattolici è il Venerdì Santo) e infine nell’Apocalisse l’Anticristo compare, guardate un po’, proprio nel capitolo 13.

Dalla Bibbia ci spostiamo più a nord e precisamente in Scandinavia, dove il numero 13 è presente nella mitologia nordica. Nel pantheon norreno erano presenti 12 semidei ai quali, ad un certo punto, si aggiunse Loki, il tredicesimo, bollato come traditore, divinità portatrice di sventura e crudele con gli uomini. Perciò il numero venne associato a qualità negative e calamità di vario genere.

Dagli dei scandinavi, raggiungiamo Babilonia dove il numero sacro era il 12 perché perfettamente divisibile e il 13, essendo quello immediatamente successivo, era considerato distruttore dell’equilibrio.

La civiltà dell’antica Grecia riporta anch’essa un episodio relativo al nostro numero. Dagli scritti di Diodoro Siculo vissuto nel I secolo a.C., emerge un passo che racconta della morte di Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno. Diodoro scrive che venne assassinato da una sua guardia del corpo dopo che il re aveva fatto mettere la sua statua accanto alle 12 delle divinità dell’Olimpo. La sua, la 13°, sarebbe stata la causa della sua morte, vista come una punizione divina per essersi in qualche modo comparato agli dei.

Anche la civiltà romana ha contribuito al “mito” negativo del 13, soprattutto quando cadeva di martedì o venerdì. Il martedì era il giorno legato a Marte, il Dio della guerra e della Discordia e quindi, secondo la tradizione, non era di buon auspicio legare attività come matrimoni, svolgere affari o altre attività che necessitavano di influenze positive. Al martedì si aggiunse anche il venerdì, che erano sempre indicati nel calendario come giorni nefasti. Era diffusa la diceria secondo la quale i figli concepiti in questo giorno avrebbero avuto una vita difficile e da qui viene il detto “di Venere né di Marte ci si sposa né si parte” (con le variazioni da regione a regione).

La storia ci regala poi un’altra perla di sfortuna, avvenuta venerdì 13 ottobre 1307, quando il re di Francia Filippo IV il Bello con la complicità di Papa Clemente V, inizia a perseguitare l’Ordine dei

Templari dichiarandoli eretici e accusandoli di sodomia e nefandezze simili. Il gran Maestro Jacques de Molay e i suoi cavalieri vengono arrestati, imprigionati e condannati a morte sul rogo (non tutti). Si racconta che prima dell’esecuzione, il Gran maestro pronunciò una maledizione sul giorno 13 dalla torre del castello di Chinon.

L’insieme di tutti questi elementi ha portato nell’arco dei secoli a determinare sempre più la superstizione nei riguardi del numero 13. Tant’è che in psicologia è considerata una vera e propria patologia chiamata “triscaidecafobia”, cioè terrore del numero 13, anche se, a mio avviso, fa più paura la parola in sé che il numero. Scherzi a parte, nelle culture occidentali è diventato il numero della  sfortuna per eccellenza ma, c’è un piccolo caso particolare: l’Italia.

Numero romano 17

Da noi, infatti, il numero considerato portatore di sventure non è il 13, bensì il 17, se cade di venerdì. Certo per via dell’influsso del Cristianesimo nei casi sopracitati anche il 13 fa la sua “cattiva” parte, ma il 17 da noi ha una marcia in più.

Innanzitutto, anche per il 17, c’è una patologia legata a lui che prende il nome di “eptacaidecafobia”,

terrore del numero 17 e come per l’altro, la parola mi sembra più spaventosa del resto. Comunque sia, perché anche il 17 e soprattutto solo da noi? È presto detto.

Vixi, “vissi”, “ho vissuto”

Torniamo all’Antica Roma dove ricordiamo il venerdì e il martedì come giorni nefasti. Inoltre durante l’anno erano celebrate due festività: la Saturnalia e la Quirinalia, che cadevano rispettivamente il 17 dicembre e il 17 febbraio. La Saturnalia, come dice il nome, erano i festeggiamenti in onore del dio Saturno che derivavano da culti sciamanici molto più antichi ed erano svolti come protezione dalla fame e dal freddo. Durante la cerimonia si attuavano sacrifici e banchetti prima dell’inizio della stagione invernale, che secondo la credenza dell’epoca, era il periodo nel quale venivano sulla terra le creature infernali, mondo appunto di Saturno. Quindi non esattamente una bella e felice prospettiva.

La Quirinali, invece, era una festa che venne istituita in età monarchica dal re Numa Pompilio che consentiva a tutti di compiere la torrefazione del farro, che secondo la tradizione era svolta solo dai membri prestigiosi di alcune tribù, ma che durante questa festa, era consentita a tutti. Nel giorno 17 quindi, si andava contro la tradizione degli antenati, cosa che nell’Antica Roma era vista come uno sgarro agli Dei e poteva portare a conseguenze negative per l’intera comunità a causa dell’alterazione del rapporto con le divinità.

Da Roma provengono altri due episodi che hanno come protagonista nefasto il 17. La prima è la scoperta sulle tombe della parola latina VIXI, cioè “vissi” o “ho vissuto”. Il termine VIXI se anagrammato, da il numero romano XVII, traslitterato quindi in 17 e divenne il numero della morte. Nel medioevo a causa dell’alta analfabetizzazione, la parola veniva spesso confusa e letta come il numero.

Il secondo episodio è legato sempre all’Urbe conseguente ad una grande e grave sconfitta delle legioni nella battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., conosciuta anche come “disfatta di Varo”. Fu

un’imboscata tesa all’esercito romano, che perse le legioni numero XVII, XVIII e XIX, ad opera di Arminio, il capo delle tribù germaniche locali stanziate tra il Reno e l’Elba. La rovinosa sconfitta, si trascinò dietro la sventura legata alla legione numero 17.

Infine, dal mondo greco nella cronaca di Plutarco, ci arriva un’altra indicazione di sfortuna del numero. Secondo lo storico, i seguaci di Pitagora disprezzavano il numero 17 perché andava a disturbare l’equilibrio del calcolo del perfetto quadrilatero insinuandosi tra il 16 e il 18, prodotti dei risultati di 4×4 e 6×3.

Nella storia più recente probabilmente ci son stati altri fatti accaduti in questi giorni sfortunati, ma gli episodi narrati sono l’origine di questa radicata superstizione. Che sia venerdì 13 o 17 il “portatore di disgrazie” ci ha accompagnato nella storia sia in eventi calcolati sia in coincidenze strane… e sta a noi se crederci o meno (in ogni caso, qualche scongiuro lo farei lo stesso).

 

Deborah Scarpato

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