SCORCI SULL’ARTE: il Mitreo di Sutri – parte seconda

Riprendiamo la presentazione del monumento, ricordando la sua struttura con un vestibolo d’ingresso che conduce alla sala principale rettangolare divisa in tre navate e, infine, la zona dell’abside con l’altare. In questa seconda parte ci occuperemo della successiva fase del Mitreo, quando diventa una Chiesa dedicata, come detto, prima all’Arcangelo Michele e poi alla Madonna del Parto nel XVIII secolo.

Gli affreschi risalgono al XIV secolo, almeno quelli meglio conservati e significativi, che sono quelli presenti nel vestibolo, nella volta a botte, nella lastra dell’abside e lungo le pareti.  Entrando nel Mitreo, ci troviamo di fronte ai dipinti sulla parete dell’arcata, divisi in tre parti: da sinistra, troviamo la Madonna col Bambino tra S. Giacomo Maggiore e San Michele; al centro la leggenda della fondazione del santuario di San Michele sul Gargano e a destra San Cristoforo con Gesù Bambino.

Affreschi del vestibolo del Mitreo

Nella prima scena, Maria è seduta al centro seduta su un trono marmoreo e tiene il Figlio sulle ginocchia, indicandolo con la mano destra, quasi volesse presentarlo al mondo. Sulla sinistra troviamo San Giacomo Maggiore, vestito con un abito rosso, mentre tiene in mano il bastone del pellegrino con la conchiglia. Sulla destra San Michele, ritratto come un giovane imberbe, con un vestito candito dal bordo rosso e recante in mano uno scettro. Tra San Giacomo e la Vergine, vi è una piccola figura inginocchiata, identificabile con la committente degli affreschi, della quale però non sappiamo il nome.

La scena centrale si sviluppa fin sopra l’arcata e, come detto, rappresenta la leggenda della fondazione del santuario di San Michele sul Gargano, contenuta in una piccola opera agiografica, datata tra il V e l’VIII secolo, intitolata Liber de apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano. Si narra che un uomo molto ricco chiamato Gargano (che diede poi il nome al monte), stesse pascolando i suoi animali lungo i pendii. A fine giornata, un toro che era solito cibarsi da solo e lontano dagli altri, non fece ritorno alla stalla. Gargano allora, con tutti i suoi servitori, iniziò a cercarlo ovunque, trovandolo infine in cima al monte, fermo davanti all’entrata di una grotta. L’uomo adirato per il comportamento dell’animale, decise di punirlo, uccidendolo con una freccia avvelenata. Non appena scoccò la freccia però, questa, poco prima di colpire il toro, per una folata di vento improvvisa, tornò indietro colpendo Gargano. L’uomo rimasto scosso dal misterioso evento, andò dal vescovo Maiorano e, dopo aver raccontato tutta la vicenda, fu indotto a fare penitenza per tre giorni e tre notti. La notte del terzo giorno, apparve in sogno al vescovo l’Arcangelo Michele, che gli spiegò il significato del fatto accaduto, e indicò la grotta davanti alla quale si era fermato il toro come luogo sacro in cui l’Arcangelo aveva deciso di perdonare i peccati di tutti coloro che vi si sarebbero recati, invitando il vescovo a consacrare quel luogo al culto cristiano (la leggenda prosegue, ma qui ho riportato soltanto il pezzo che è rappresentato).

La narrazione rappresenta esattamente questa prima parte della leggenda, dove vediamo sulla sinistra Gargano, in abito rosso, con mantello e copricapo verdi, mentre incocca la freccia nell’arco, puntandolo verso il toro sulla destra, posto in cima al monte all’entrata della grotta (anche se l’affresco lì è danneggiato). Sopra a Gargano vi è l’Arcangelo Michele con il suo scettro, pronto a fermare la freccia con un soffio di vento. Lungo la parte inferiore dell’affresco, troviamo una fila di pellegrini che si recano al santuario, seguendo il sentiero che conduce fino in cima al monte. Queste piccole figure con i loro bastoni, i loro mantelli colorati e i loro cappelli, sono uno dei dettagli più curiosi di questo ciclo di affreschi, e il loro movimento nello spazio ricorda quasi la sequenza di vignette di un fumetto. L’ultima scena raffigura un santo di grandi dimensioni, San Cristoforo. Dipinto frontalmente, secondo l’iconografia bizantina, porta un abito bianco bordato d’oro e sopra un mantello rosso, anch’esso con bordo dorato, fermato sulla spalla. Il volto barbuto e incorniciato dai capelli sciolti, guarda fisso lo spettatore, mentre tiene nella mano destra un bastone terminante con una serie di raggi, al fianco una spada, che lo rende simile a un imperatore e nella sinistra Cristo bambino, appoggiato alla spalla (San Cristoforo significa infatti “Portatore di Cristo”). Prima di lasciare il vestibolo, a sinistra dell’attuale entrata, troviamo l’ultima parete affrescata dell’ingresso, in cui troviamo tracce di un ciclo di affreschi raffigurante la Vita di Cristo, del quale rimane soltanto qualche scena, come la Fuga in Egitto, la Flagellazione e la Crocifissione.

Affreschi della parte sinistra del vestibolo, da sx la Fuga in Egitto, sotto la Flagellazione e a fianco la Crocifissione

Usciamo dal vestibolo ed entriamo nel Mitreo vero e proprio (descritto nella prima parte), dando uno sguardo ai pochi affreschi superstiti lungo le pareti delle navate laterali, la volta, l’abside e i pilastri. Iniziamo dalla parete sinistra, dove si scorgono alcune scene in cui è presente sempre la Vergine col Bambino, accompagnata da una figura piccola inginocchiata, che è stata interpretata come un ex-voto a seguito della richiesta di maternità (cosa che si ripete anche nel resto dei dipinti). Il primo affresco raffigura Maria con il Figlio in mezzo a due figure non riconoscibili a causa della grave usura dell’opera e, proseguendo, un’altra Madonna con Gesù, vestita con un mantello azzurro, che lascia intravedere la veste rossa, affiancata da un vescovo con la pastorale, la mitra decorata d’oro e un mantello rosso che copre la veste bianco-dorata, mentre dall’altro lato un’altra figura irriconoscibile. Verso il presbiterio, ancora una Vergine con Bambino, stavolta con un mantello rosso, su un abito dello stesso colore, e sulla destra un vescovo, con un mantello chiaro riccamente decorato e intarsiato d’oro, che regge la pastorale e con la mano destra indica la testa della piccola committente ai suoi piedi. Infine, un’altra Madonna, dopo la piccola porta, vecchio ingresso del Mitreo, insieme a un vescovo.

Vescovo con la Vergine in trono, parete sinistra del Mitreo

Vescovo con la Vergine in trono, parete sinistra

Giunti al presbiterio, vi sono gli affreschi più interessanti: il Cristo Pantocratore sulla volta insieme all’Arcangelo Michele. Il più affascinante è l’Arcangelo, dipinto a figura intera sulla volta a botte, con la particolarità di avere il viso scolpito nella pietra. La figura è riccamente vestita, con un mantello rosso che lascia vedere la veste dorata e decorata. Michele regge lo scettro con la mano destra e la sua figura ricopre gran parte dello spazio della volta con le sue ali scarlatte (colore dato probabilmente dal degrado dell’affresco). Arriviamo così, all’ultimo affresco del presbiterio, la Natività nell’abside dietro all’altare. Come detto precedentemente, la lastra con questo soggetto è una sostituzione del XIV secolo, per togliere quella recante il rilievo di Mitra. L’affresco presenta la grande figura di Maria sulla sinistra, vestita con un mantello rosso e dorato e la veste azzurra. La Vergine è sdraiata su un letto coperto da un lenzuolo bianco e rappresentata mentre si volge verso il figlio in fasce deposto in una mangiatoia di legno, verso il quale tende una mano. Sulla destra c’è San Giuseppe inginocchiato e sullo sfondo il bue e l’asinello, con due pastori che stanno giungendo alla grotta. In alto, si scorgono le mani di quello che probabilmente è un angelo mentre regge un cartiglio iscritto e in basso, spunta di nuovo la piccola testa della committente. Gli ultimi affreschi nel Mitreo, sono quelli presenti in pochi pilastri, raffiguranti un’altra Madonna con Bambino, un pesce, una croce gemmata e un pavone.

Arcangelo Michele con volto scavato nella pietra

Lastra della Natività, abside del presbiterio

Con questo abbiamo concluso il nostro viaggio in questo luogo meraviglioso ancora poco conosciuto d’Italia, nella speranza di averlo “riportato alla luce” con questi miei brevi articoli.

Di Deborah Scarpato

Be the first to comment on "SCORCI SULL’ARTE: il Mitreo di Sutri – parte seconda"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*