ARTE NEL MONDO: L’arte fenicia dai Babilonesi all’età ellenistica, VII a.C. ca. – I a.C.

Il complesso del santuario di Eshmun, Sidone, Libano

Dopo la fine dell’impero assiro, i Fenici passano sotto l’egida babilonese, sino alla conquista e al crollo di Babilonia ad opera dei Persiani nel VI secolo a.C. Con la dinastia Achemenide si apre per la Fenicia un nuovo periodo di splendore dovuto alla politica tollerante adottata dai Persiani, quando dal V secolo l’intero territorio viene inglobato nella provincia di Transeufratene. In questo periodo i dinasti locali traggono molti benefici dal governo e si avvia il processo di ellenizzazione che verrà completato successivamente con l’avvento di Alessandro Magno. Questo processo prevede l’introduzione e l’uso del greco da parte degli aristocratici, che adottano anche i costumi ellenici, mentre gli dei autoctoni verranno assimilati a quelli greci e la cultura fenicia si fonderà con quella ellenica.

Dall’epoca babilonese iniziano ad essere costruiti santuari extra urbani, in luoghi isolati o nelle vicinanze dei corsi d’acqua. Il tempio, però, non nasce in questo momento, ma già in tempi più antichi vi erano santuari eretti nelle città, dedicati alle principali divinità protettrici, che continuano ad essere edificati anche in epoca persiana. I complessi sacri costruiti dal VI secolo a.C., hanno la caratteristica di avere un ruolo salvifico, dove i fedeli chiedono aiuto e protezione attraverso offerte votive.

Il complesso del santuario di Eshmun, Sidone, Libano

Il più famoso santuario e quello meglio conservato giunto sino a noi, si trova nei pressi di Sidone a Bostan esh- Sheikh, “il giardino dello sceicco”, ed è dedicato al dio Eshmun. Probabilmente edificato a partire dal VI secolo a nord della città nei pressi di un fiume e di una sorgente, chiamata “fonte Ydlal”, per volontà del re di Sidone Eshmun nazar, come riportato in un’iscrizione sul sarcofago del sovrano.

Il tempio si trova su un lato della collina, poggiato su enormi blocchi di pietra squadrata che fungono da basamento. Della struttura, centro dell’intero complesso con le sue colonne e capitelli, purtroppo rimane ben poco, a causa anche delle molte modifiche subite nel corso degli anni, fino alla sua chiusura definitiva con l’arrivo dell’Islam. A causa dei rifacimenti, la pianta attuale appare confusionaria, con scalinate a nord che portano a terrazze sopraelevate, cappelle, altari e bacini idrici. Al IV-III secolo risale, invece, la piscina del trono di Astarte, lastricata e con mura perimetrali chiuse, probabilmente per essere riempita d’acqua e chiamata così per la presenza su un lato di una nicchia nella parete che ospita un trono in pietra, con ai lati dei leoni alati e innalzato su un podio decorato con la cornice egizia.

Contemporaneo al trono, intorno alla metà del IV secolo, viene edificato su uno zoccolo alla base di alto podio, la “pseudo-tribuna di Eshmun”, un altare monumentale, che è la miglior testimonianza del processo di ellenizzazione prima dell’avvento di Alessandro Magno. Presenta una decorazione ad alto rilievo, divisa in due registri: il superiore raffigura una riunione di dèi presieduta da Apollo che tiene in mano la cetra e in quello inferiore una danza di figure femminili. Varie ipotesi si sono avvallate nell’interpretazione dei soggetti: alcuni ritengono che siano un’assimilazione delle divinità greche e fenicie, altri che siano miti ellenici oppure una rappresentazione in stile greco dei miti autoctoni.

Una parte caratteristica di questo santuario è il trono di pietra, uno dei tanti “troni vuoti” diffusi in Fenicia in questo periodo e che rappresentano questa particolare nuova tipologia che rientra nella categoria definita dei “troni di Astarte”. Sono chiamati così in quanto prendono spunto dall’iconografia, che vede la dea seduta su un trono fiancheggiato da due sfingi alate. Il seggio ha la caratteristica di essere vuoto, aspetto che deriva dall’aniconicità di rappresentare gli dei proveniente dalla religiosità locale, dove Astarte viene solo percepita e non vista, come divinità astrale. Così facendo i troni diventano a volte elementi di culto, vengono adorati dai fedeli ed erano adibiti ad accogliere la presenza invisibile della dea.

Trono di Astarte, santuario di Eshmun, Sidone, Libano

In ambito statuario, invece, i Fenici non raggiungono mai un livello eccellente a causa della predilezione per oggetti piccoli e facilmente trasportabili e anche ai pochi scavi che si son potuti fare nelle zone interessate, che hanno portato alla luce pochi elementi da analizzare. Lo scarso materiale rinvenuto mostra che anche per quanto riguarda le statue, è presente una grande influenza egizia, siriana, persiana e greca, che si unisce a simboli locali. Dal VI secolo presso il santuario di Eshmun a Sidone, iniziano a comparire delle statuette votive portate per chiedere la protezione del dio e che raffigurano personaggi maschili in stile greco-cipriota con elementi orientali. Mentre tra V e IV secolo gli aristocratici iniziano a far commissionare a scultori greci delle statuette di bambini, quasi sempre sdraiati, che tengono in mano uccellini o piccoli oggetti, con delle iscrizioni in fenicio che venivano presentate nei templi come offerta.

I Fenici furono anche produttori di steli, documentate dal IX secolo, scolpite a rilievo su un solo lato, derivanti da modelli più antichi risalenti al XIII secolo. tutti i reperti ritrovati si presentano nella forma classica della stele centellinata, cioè con la sommità arrotondata, che reca generalmente un personaggio divino maschile attributi da combattente. Dopo questo primo periodo, si continuò con una produzione in linea con le precedenti, mentre in età ellenistica sono state ritrovate delle steli votive raffiguranti non più solo divinità, ma anche sacerdoti e ministri del culto, accompagnati da iscrizioni in fenicio, nonostante il greco fosse ormai la lingua prevalente. Queste opere hanno tutte un carattere votive venivano dedicate al dio per chiedere in cambio benedizioni e protezioni. Una delle steli più recenti è quella di Yehaumilk di Biblo, risalente al V secolo a.C. e ora conservata al Museo del Louvre. È in calcare ed è incisa, non scolpita come la maggior parte di quelle rinvenute ed è dedicata dal Yehaumilk alla dea protettrice della città, Baalat Gebal, la “signora di Biblo”. La stele presenta la dea e il sovrano nella parte alta all’interno della lunetta e nella parte inferiore una lunga iscrizione in fenicio che recita le preghiere del re rivolte alla divinità e le maledizioni contro i profanatori del santuario. Nell’immagine la dea è sulla sinistra, seduta un trono a bassa spalliera, con la mano destra alzata in segno benedicente verso il sovrano e nella mano sinistra tiene uno scettro a forma di stelo di papiro. Sul capo ha il tipico disco solare tra corna bovine, tipico della dea egiziana Hathor, chiara provenienza dall’iconografia del paese, in quanto Baalat Gebal le era stata assimilata. Il re è in piedi di fronte, vestito alla foggia persiana, con il tipico copricapo troncoconico e un lungo mantello. Nella mano sinistra tiene una coppa che offre alla dea e la destra alzata in segno di saluto, probabilmente richiamando un cerimoniale che si svolgeva nel tempio.

Un’altra produzione artistica fenicia sono i sarcofagi, prodotti principalmente nella città di Sidone e successivamente anche ad Arwad, nella parte settentrionale del paese. I sarcofagi ritrovati provengono tutti dalle necropoli reali vicine a Sidone, scavate tra XIX e XX secolo, posti in tombe sotterranee e appartenuti a personaggi importanti come re, dignitari di corte, personaggi altolocati, principi e principesse, accompagnati da numerosi e ricchi gioielli. I sarcofagi sono tutti in pietra a forma antropomorfa in stile greco, che si è affermato dopo una prima fase d’ispirazione egiziana, in quanto gli oggetti provenivano proprio dall’Egitto. Questo tipo di artigianato si afferma soprattutto a partire dal VI-V secolo e si diffonde ampiamente in particolare in Occidente. In questo periodo, come detto, vengono dal paese del Nilo, hanno una forma antropomorfa, sono realizzati in pietra nera lucida e sul coperchio recano una maschera funeraria su modello faraonico, con iscrizioni in geroglifico che a volte venivano cancellate per essere sostituite da quelle in lingua fenicia. Dal V secolo l’aristocrazia di Sidone si fa commissionare sarcofagi in marmo pario (marmo bianco molto pregiato a grana fine, proveniente dallisola greca di Paro) da artisti greci che mantengono uno stile egizio per la forma, mentre presentano forme greche nei volti. A partire dal IV secolo gli artisti ellenici iniziano ad essere affiancati da quelli fenici, a causa dell’aumento della domanda e portando alla nascita di botteghe locali che producono sarcofagi in stile greco. Nello stesso periodo compare una nuova tipologia di cassa a forma templare che presenta una decorazione a rilievo sui lati, realizzata sempre in marmo. Questi modelli sono realizzati esclusivamente da artisti ellenici e rappresentano gli unici modelli utilizzati sino all’arrivo di Alessandro Magno, quando la produzione s’interrompe. Questi sarcofagi dono la testimonianza di quanto la cultura fenicia sia stata permeata da quella greca, in un momento in cui si espandeva sempre più il processo di ellenizzazione del Mediterraneo orientale.

Unguentari fenici in vetro

Infine per concludere il nostro viaggio, trattiamo di un tipo di artigianato in cui i fenici furono abilissimi: la lavorazione del vetro. Si sviluppò nelle città costiere a causa della presenza di sabbie silicee particolarmente adatte a questo tipo di lavorazione e i loro prodotti ebbero talmente successo grazie all’alta qualità ottenuta, che vengono ritenuti gli inventori di quest’arte. In verità, la lavorazione del vetro è molto più antica e appare in Mesopotamia ed Egitto già dal III millennio a.C., giunta poi in area siro-palestinese e raccolta dai Fenici a partire dal I millennio. Dal VII-VI secolo iniziano a comparire botteghe specializzate che producono oggetti dalle decorazioni policrome, esportate nella zona del Mar Nero e in tutto il Mediterraneo. Dal Vi al I secolo le botteghe fabbricano piccoli oggetti in vetro, partendo da un nucleo di sabbia o argilla avvolto in un panno, che veniva collocato sulla sommità di una canna e poi immerso nel vetro fuso. L’oggetto così ottenuto veniva levigato e decorato con fili di pasta vitrea policroma, inseriti con pinze o altri oggetti in metallo. Quando il prodotto si era raffreddato, si procedeva a rimuovere il sacchettino di sabbia che lasciava l’interno vuoto. La pasta di base che si creava era di colore generalmente verde-azzurro, ma poteva venir tinta con ossidi di metalli e minerali, per ottenere il giallo, il rosso, l’arancio, l’azzurro chiaro e tanti altri. Le forme dei vasetti, invece, erano quelle provenienti dalle tipologie greche: amphoriskoi, aryballoi, alabastra, cioè unguentari o balsamari, che venivano appesi al collo o alla cintura grazie ad una cordicella fatta passare nelle anse. Sempre in vetro i fenici realizzano anche dei gioielli, pendenti o vaghe di collane, a testa umana o demoniaca, in diversi modelli: testa maschile con barba e riccioli o con barba liscia e testa femminile. Probabilmente sono le rappresentazioni di divinità fenice come Baal o Astarte, con valore magico o di protezione. Vengono prodotti anche pendenti a forma di animale o vaghi di collana decorati a cerchi concentrici, detti “a occhi”, fabbricati in quasi tutta laFenicia e a Cipro, partendo da matrici o stampi in “negativo”, con i dettagli realizzati a mano con strumenti dalla punta metallica. La tecnica della lavorazione del vetro e la grande abilità dei Fenici anticipa quella degli artisti Veneziani. Infatti la soffiatura del vetro viene introdotta in Siria dal I secolo a.C. e fatta conoscere in Occidente proprio da artisti sidonii. Ad Aquileia, tra il I e II secolo d.C. sono stati prodotti molti oggetti firmati da un artista sidonio, probabilmente trasferitosi in zona. Il successo di questi manufatti fu tale che dal I secolod.C. molti artigiani fenici e siriani si spostarono in Occidente e fondarono botteghe, ponendo le basi per la futura produzione veneziana, di cui parleremo meglio in un articolo specifico.

Dopo la conquista della zona ad opera di Alessandro Magno, si conclude il processo di ellenizzazione della Fenicia, che verrà poi inglobata e contesa tra i reami dei diadochi successori del macedone, fino all’arrivo dei romani nel I secolo a.C., sancendo la definitiva incorporazione nei suoi domini.

di Deborah Scarpato

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