La moda ai tempi di Dante – parte II

Agganciate al farsetto, l’elemento che fece più scandalo all’epoca: le calze. Erano aderenti e spesso esaltavano la prestanza fisica dei giovanotti e contenevano la bracchetta, una conchiglia in tessuto che racchiudeva i genitali, che col tempo aumentò sempre più di dimensione e nel ‘500 verrà chiamata “astuccio perico”, dalla forma più irrigidita e verrà adoperata persino come tasca.

Esempio di calze con decorazioni geometriche

Le calze mettevano in evidenza il ceto sociale di chi le indossava e siccome i tessuti elasticizzati non c’erano, far aderire le calze alle gambe richiedeva un lungo lavoro da parte del sarto. Erano tessute in lino o in lana oppure in seta ed erano appunto agganciate al farsetto con delle stringhe o dei lacci.

Alcune erano “solate”, cioè presentavano una suola di cuoio ed erano fissate alla pianta del piede tramite un passante. Erano a tinta unita, diverse da una gamba all’altra, alternate con la veste e alcuni si azzardarono anche per un certo periodo, soprattutto nell’Europa occidentale a portarle decorate con motivi floreali e geometrici.

Infine abbiamo le calzature, che come già presentato, erano stivaletti o scarpe di cuoio morbide, oppure in seta. Ma dal XII secolo nelle corti si diffuse un modello molto particolare, le poulaine, in cuoio e con la punta allungata, molto spesso più della lunghezza del piede. Di chiara ispirazione orientale, erano chiamate anche scarpe polacche o di Cracovia, perché i primi modelli vennero proprio realizzati in Polonia. Di lì a poco, fu la corte di Borgogna a diffonderle rapidamente in tutta Europa.

Erano calzature unisex, con l’unica differenza che gli uomini avevano la punta più lunga ed erano anche di colore bizzarro, perché abbinate alle brache. Come si può immaginare erano scomode per camminare, ma erano diventate uno status symbol irrinunciabile.

Per non inciampare, s’imbottiva la punta di muschio o di lana in modo che restasse sollevata, oppure la punta veniva legata alle ginocchia. La lunghezza della punta era indice anche dello stato sociale: il popolo la portava al massimo di 15 cm, mentre i ricchi potevano arrivare anche a 60 cm.

Nonostante l’evidente scomodità, mantennero il successo per ben tre secoli, fino a che, uno

spiacevole episodio, la morte del duca Leopoldo III d’Asburgo nella battaglia di Sempach del 1386, causata proprio da queste scarpe che gli impedirono di muoversi, decise l’inizio della loro decadenza. Il colpo di grazia, se così si può dire, venne dal re di Francia Carlo VIII, che avendo sei dita in un piede, non riusciva a calzarle correttamente, ne vietò a tutti l’uso a tutti e ne segnò irreversibilmente la fine.

Uomini con i piedi calzati da poulaine – frontespizio de Lannoy, Guillebert : de (ca. 1470)L’Instruction d’un jeune prince.

Ecco, questi erano gli uomini al tempo di Dante. Con la loro voglia di apparire e dedicarsi al vezzo al massimo delle loro possibilità. Segnarono la loro epoca con i loro costumi colorati e, sì possiamo dirlo, anche molto alla moda e che rimangono nella nostra memoria collettiva come il simbolo di un Medioevo, non più visto come un’era buia, ma come periodo vivace sia dal punto di vista letterario sia da un punto di vista sociale, ponendo le basi per il successivo sviluppo culturale che prende nome di Rinascimento.

 

Esempio di poulaine

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