Le Grandi Civiltà del vicino Oriente: IL LINGUAGGIO DELL’ARTE E IL LENTO CAMMINO VERSO LA SCRITTURA

 

 

Il linguaggio dell’Arte:

Se dovessimo definire, in linea generale, cosa sia un “linguaggio”, potremmo dire che è un insieme di regole convenzionali comuni a più persone attraverso le quali è possibile scambiarsi informazioni, sensazioni, pensieri, opinioni: cioè, in una parola “comunicare”.

Oltre ai linguaggi scritti, esistono anche molti altri codici comunicativi che, pur essendo spesso collegati tra loro possiamo comunque distinguere, ad esempio in:

– verbali: se sono basati sulle parole e sulla narrazione,

– comportamentali: come nel caso delle espressioni del volto o delle posture del corpo,

– simboli: tipo i cartelli stradali,

– formali: che può essere la scelta dell’abbigliamento.

Le arti dal canto loro, utilizzano dei linguaggi simbolici molto specifici; avvicinarsi alla comprensione di un’opera d’arte, dunque, vuol dire conoscerne e decifrare il linguaggio artistico.

Ma come un analfabeta non è in grado di leggere un testo scritto, così chi non conosce uno specifico linguaggio artistico non può pretendere di “leggere” una determinata opera d’arte, sia essa sia un dipinto, una scultura, un’architettura, una composizione musicale, una danza, uno spettacolo o una qualunque altra forma espressiva.

Questi linguaggi sono molteplici e complessi, le loro regole, in veloce e continua evoluzione, sono connesse al mutare delle condizioni sociali, economiche e culturali. Ogni evento artistico va quindi letto mediante la conoscenza dello stesso linguaggio con il quale è stato pensato e realizzato, ciò significa che, come nessuno di noi pretenderebbe di leggere un testo in cinese senza conoscerne la lingua, allo stesso modo è impossibile capire a fondo qualsiasi forma d’arte se non se ne conosce il relativo linguaggio.

La storia dell’arte rappresenta pertanto l’indispensabile vocabolario nel quale ricercare i significati di ogni manifestazione artistica, nella convinzione che solo conoscendo e comprendendo il meccanismo che l’hanno prodotta sarà possibile apprezzare adeguatamente il senso, il valore e le finalità stesse dell’arte.

 

Il lento cammino verso la scrittura:

Sul finire del IV millennio a.C. l’uomo, unico fra tutti gli esseri viventi della Terra, impara a elaborare un insieme coordinato di simboli mediante i quali riesce a esprimersi e a comunicare agli altri il proprio pensiero. Nasce, in altri termini, la scrittura: forse la più importante invenzione di tutta la storia della civiltà.

Tramite questa nuova tecnica è infatti possibile avere e classificare una quantità di dati, di memorie e di nozioni altrimenti impensabile, ne discende che tutte le energie intellettuali che fino ad allora erano usate per imparare a memoria quanto veniva tramandato oralmente da padre in figlio, potevano ora essere utilizzate per l’ulteriore aumento del patrimonio di conoscenze già acquisito.

Ciò rende possibile non solo la realizzazione di affari sempre più complessi, favorendo quindi i commerci e lo sviluppo delle città, ma incrementa anche l’attività legislativa, in quanto le leggi scritte sono garanzia di un migliore ordine sociale e, più in generale, dà un forte impulso a ogni altro campo del sapere.

A riguardo i grandi re sumeri e babilonesi, i faraoni d’Egitto, i re assiri e di Persia lasceranno volontariamente una gran mole di testimonianze scritte relative al loro governo, ai loro codici legislativi, alla situazione dello Stato, alla contabilità delle entrate e delle spese, ai riti religiosi, alla narrazione mitologica delle loro gesta, alle consuetudini politiche e sociali. Le prime forme di scrittura sviluppatesi in ambito egizio e mesopotamico sono di tipo ideografico, esse, cioè, si basano sulla corrispondenza fra determinati simboli convenzionali e gli oggetti o le azioni a cui tali simboli fanno un evidente riferimento.

Quando i simboli sono di tipo figurativo, cioè assomigliano anche solo schematicamente, all’oggetto che vogliono rappresentare, prendono il nome di geroglifici, quando invece, essi assumono forme puramente geometriche, dunque astratte, parliamo di scrittura cuneiforme.

La scrittura ideografica geroglifica è tipica degli Egizi, che la mettono a punto già dagli inizi del III millennio a.C. e che, con vari adattamenti e semplificazioni successici, la impiegheranno poi per tutto l’arco di sviluppo della loro civiltà.

Tale scrittura, che per gli usi correnti viene realizzata su un supporto di papiro, si sviluppa solitamente da destra a sinistra, ma spesso anche da sinistra a destra o dall’alto verso il basso, in funzione della forma e delle dimensioni degli spazi disponibili.

La scrittura ideografica cuneiforme, invece, comparsa sin dalla fine del IV millennio a.C. è inizialmente adottata dai Sumeri e, successivamente, da tutte le altre popolazioni di area siriana e mesopotamica (soprattutto Assiri e Babilonesi), con estensione in seguito, anche ai Persiani. Essa utilizza il supporto in argilla costituito da tavolette che, rispetto al papiro, hanno il vantaggio di resistere agli incendi, ma anche il non trascurabile difetto di essere estremamente fragili e ingombranti.

Man mano che la scrittura inizia a trattare anche temi di carattere storico, religioso e narrativo, cresce l’esigenza di esprimere idee o concetti del tutto astratti, come ad esempio il bene, il male, la potenza, la felicità, la morte. In questi casi la rappresentazione ideografica, sia essa geroglifica o cuneiforme, può diventare molto complessa se non addirittura impossibile. Ecco perché alla pura lettura ideografica se ne affianca fin dall’inizio anche una fonètica; questa consiste nell’abbinare a ogni simbolo ideografico un suono che rimanda a sua volta a un determinato concetto, che figurativamente può anche non avere nulla a che vedere con l’ideogramma che lo identifica.

Il geroglifico diventa quindi un sistema misto, nel quale uno stesso segno può fungere da ideogramma, cioè rappresentare un oggetto o un’azione, da fonogramma quindi assumere un suono e, da ultimo anche da determinativo, identificando la classe di significati alla quale una parola appartiene.

La crescente complessità dei concetti da trasmettere, però, fa sì che in area palestinese-mesopotamica già intorno alla meta del II millennio a.C., comincino a svilupparsi le prime scritture esclusivamente fonètiche. In esse a ogni simbolo grafico, cioè a ogni lettera o a ogni sillaba, quindi ad ogni gruppo di lettere, non corrisponde più un concetto compiuto o un oggetto complesso, ma un semplice suono, ormai del tutto slegato dal simbolo al quale convenzionalmente si riferisce.

Più simboli grafici, quindi lettere aggregate, danno origine a una sequenza ordinata di suoni, tali sequenze fonetiche, le cui possibilità combinatorie sono praticamente infinite, costituiscono quelle che comunemente chiamiamo “parole”.

A ogni parola, definita in modo univoco da un ben preciso suono, può corrispondere un oggetto, un concetto, un’azione o un pensiero. L’insieme delle parole costituisce poi le frasi, attraverso la cui articolata successione è possibile comunicare in modo libero e agevole. Mentre una scrittura solo ideografica avrebbe dovuto possedere quasi tanti simboli quanti sono i concetti da esprimere e gli oggetti da descrivere, una scrittura fonetica ha un numero limitato, cioè di lettere, e risulta assai più semplice da apprendere, L’insieme di tutte queste lettere prende il nome di alfabèto, dalle lettere α (àlfa) e β (bèta) che sono le due lettere iniziali dell’alfabeto greco.

Il primo alfabeto fonetico di cui si abbiano riscontri certi risale, secondo la tradizione storiografica, ai Fenìci, un civilissimo popolo insediatosi sulla fascia costiera mediterranea corrispondente agli attuali Stati di Israele, del Libano e della Siria, già a partire dal III millennio a.C.; tale alfabeto è formato da 22 simboli fonetici molto semplici da memorizzare e da tracciare ed è ancora privo di vocali.

Da esso derivano tutti gli altri sistemi alfabetici successivi, tra cui quello ebraico, quello arabo, quello greco, che per primo introduce anche le vocali, quello cirillico, impiegato nei Paesi slavi dell’Oriente europeo, e quello latino, oggi il più diffuso al mondo, che è adottato anche da noi.

Ritornando alle prime scritture ideografiche è necessario precisare che esse erano così complesse da essere rimaste, per lunghi secoli, patrimonio esclusivo di pochi, inizialmente infatti, solo alcuni sacerdoti sapevano leggere e scrivere, il che conferiva loro un grandissimo potere, quasi che tale misteriosa arte discendesse direttamente dagli dei.

In seguito nacque addirittura un nuovo mestiere: quello di scrìba, erano dei funzionari che, dopo aver frequentato apposite e severissime scuole sacerdotali, le cosiddette “Case della Vita”, venivano destinati a tutte quelle mansioni per le quali era necessario saper scrivere. Essi godevano di particolari privilegi, erano esonerati dai lavori manuali pesanti, abitavano nei pressi dei templi o del palazzo reale e godevano ovunque di altissima considerazione.

M° Monica Isabella Bonaventura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

M° Monica Isabella Bonaventura

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