IN VIAGGIO NEL TEMPO: Palmira, la sposa del deserto – parte prima

Città dalla storia millenaria chiamata in origine Tadmor (città dei datteri), ma ribattezzata “Adriana Palmira” proprio dall’imperatore Adriano nel II secolo d.C., è considerata uno dei più bei centri antichi del Medio Oriente e raggiunge il suo massimo splendore nel III secolo d.C. con la regina Zenobia. Sorta nel cuore del deserto siriano a nord-est di Damasco, trae le sue origini da un’oasi di palme bagnata da un corso d’acqua che ne garantisce la sopravvivenza e prospera in quanto città carovaniera, snodo dei commerci tra oriente e occidente. L’incontro tra questi due mondi si riflette in tutta Palmira, in cui fiorisce un’arte che, con eleganza e raffinatezza, unisce elementi greco-romani con elementi assiri e orientali, conferendo al sito un aspetto unico.

Cenni storici

Annessa all’impero romano sotto il regno di Tiberio nel 19 d.C, ottiene lo stato di colonia e riesce a mantenere una certa autonomia, nonostante i tributi da destinare a Roma.

Questo le permette di svilupparsi e diventare il fondamentale centro commerciale del Medio Oriente. Città multietnica e multilingue, proprio

Statua della regina Zenobia, da un rilievo di Palmira, ora al museo di Damasco

grazie ai commerci diventa ricchissima ed avvia un programma di “monumentalizzazione”, costruendo edifici bellissimi in linea con la tradizione romana, ma aggiungendo un tocco di oriente, che analizzeremo in seguito. Il momento di massimo splendore, come detto, giunge nel III secolo, quando la città fu protagonista di un decennio di indipendenza dall’impero romano dal 262 al 272, quando un senatore palmireno, Odenato, per difendere la frontiera orientale dai Parti, consegue importanti vittorie che lo portano a proclamare l’autonomia della città e del regno di Siria. Pochi anni dopo, muore insieme al figlio maggiore e il potere passò alla sua seconda moglie Zenobia (forse implicata nella loro morte) come tutrice del figlio minorenne Vaballato. Di fatto però, si dichiara discendente di Cleopatra e compie una serie di campagne militari che la porteranno ad espandere il suo potere dall’Egitto all’Anatolia e intrattenere rapporti con i regni vicini, valorizzando la città e costruendo nuove mura di cinta, chiamate proprio “mura zenobiane”. La gloria della regina fu tanto maestosa quanto breve, perché nel 272 d.C. venne sconfitta dall’Imperatore Aureliano, fatta prigioniera e la sua fine risulta incerta: alcuni sostengono che sia stata portata in catene d’oro nel trionfo di Aureliano a Roma, altri invece che sia morta di fame lungo il tragitto per l’Urbe. Quale sia la versione realmente accaduta, la città mantiene per sempre il ricordo e lo splendore che questa regina le ha donato. Dopo i saccheggi autorizzati dall’imperatore, non è più ricca come prima, ma nel corso dei secoli non viene mai dimenticata, fino a tornare in auge durante il secolo delle esplorazioni, quando i primi europei arrivano nella zona, iniziando a farla conoscere nel continente. Il suo antico fascino conservato nel tempo, contribuisce ad avviarne la riscoperta e la tutela, tant’è che diventa nel 1980 patrimonio dell’UNESCO.
Purtroppo questo non fu sufficiente a salvaguardarla, perché nel 2015, quando i miliziani dell’ISIS conquistarono la regione, si accanirono con violenza inaudita e irrazionale contro i resti della città, distruggendola quasi totalmente, radendo al suolo un luogo depositario e fondamentale di una parte della storia dell’umanità, che invece il tempo e la sua bellezza avevano contribuito a conservare. Nonostante la devastazione, dopo che la zona venne riconquistata dall’esercito siriano, con il contributo dell’UNESCO e di alcuni stati europei, si sta tentando di avviare un programma di ricostruzione delle parti distrutte, reso possibile dall’odierna tecnologia.

La città

Palmira si estende in circa 10 km² su un’oasi circondata da palmeti e comprende all’interno delle sue mura diversi edifici che l’hanno resa unica in tutta la sua storia. La città si concentrava lungo la via principale chiamata Via Colonnata, dove è presente l’Arco monumentale e che portava al tempio più importante, il Santuario di Bel. Altri edifici importanti sono il Teatro, il Tempio di Nabu, il Tetrapilo, l’Agorà, il tempio di Baalshamin e fuori dalle mura la Valle delle Tombe. Questi elementi appartengono all’epoca d’oro e ne sono rimasti il simbolo fino ai giorni nostri.

La Via Colonnata

Via principale della città in direzione est-ovest che la divide in due settori, nord e sud, si distende per oltre un chilometro dalla valle delle tombe a ovest sino al tempio di Bell nella parte orientale. Il nome si deve al fatto che presenta colonne lungo tutto il percorso, cambiando direzione due volte, all’altezza del Tetrapilo e dell’Arco monumentale. Le colonne creano dei porticati ai lati della strada che davano ristoro ai viandanti e ai cittadini grazie anche alla presenza di negozi. Sono tutte della stessa altezza, ma presentano delle differenze nei tamburi o nei rocchi sovrapposti e una mensola nella parte anteriore che doveva supportare statue, probabilmente in bronzo, di personaggi che hanno contribuito a rendere migliore ed abbellire la città.
Realizzate in ben otto forme diverse, sono l’elemento caratteristico dell’arte palmirena che ha contribuito a fare della via la più bella di tutto il Medio Oriente. Sulle colonne erano innestati fregi riccamente decorati che si potevano ammirare dalla strada, di diversa ampiezza nei vari settori: a ovest (lungo 550 metri) misura 11,7 metri; il tratto centrale (350 metri) variabile dai 14 ai 9 metri fino ai 22,7 metri del lato orientale (300 metri che è il più corto dei tre).

L’Arco monumentale

Veduta della Via Colonnata e del Teatro

Simbolo delle rovine della città, ricordato già dai primi esploratori, è uno dei capolavori dell’arte di Palmira. Collega due delle tre parti in cui è divisa la via Colonnata, il segmento che parte dal tempio di Bel e quello centrale in direzione ovest, verso il Tetrapilo. L’arco monumentale viene eretto durante il regno dell’Imperatore Settimio Severo (193-211 d.C.) e come tutti i monumenti simili, viene edificato per celebrare una vittoria, in questo caso dei Romani sui Parti, all’interno di un periodo di sviluppo urbano della città. La particolarità è che presenta una pianta trapezoidale, in modo che le due facciate dell’arco siano perpendicolari alla via, a causa del fatto che non è rettilinea ma cambia direzione proprio all’altezza del monumento.Viene costruito in pietra calcarea e riprende lo stile degli archi di trionfo romani a tre fornici ad arco a tutto sesto, dove i due laterali piccoli sono sormontati da nicchie con frontone triangolare, chiamate “nicchie assire”. Il tutto era sovrastato da una trabeazione al centro della quale vi era un grande frontone triangolare. Gli elementi dell’arco presentavano fitte decorazioni a intarsio e rilievo di varie tipologie, come foglie, fiori, dardi, mentre il soffitto delle volte dei fornici, erano realizzate con motivi geometrici. La pianta del monumento proprio per la sua forma inusuale, creava un effetto ottico diverso sulle due facciate, dove quella orientale rivolta verso il tempio di Bel si vedeva interamente, mentre quella occidentale, inglobava le colonne laterali nei porticati.

Il teatro

Concludiamo questa prima parte con il teatro di Palmira, elemento oserei dire essenziale per ogni città antica che si rispetti. Costruito in pietra calcarea, rimase celato agli occhi dei visitatori sotto un profondo strato di sabbia fino al XX secolo, quando venne riportato alla luce e restaurato cercando di utilizzare materiali più simili a quelli della sua epoca. È situato a sud della via Colonnata e in passato presentava una strada semicircolare che lo costeggiava e presenta tutte le caratteristiche dei teatri mediorientali d’ispirazione romana. La ricostruzione ha potuto mostrare i vari elementi che lo compongono: la cavea, cioè le file di sedute; la frons scenae, il palcoscenico con la parete posteriore; l’orchestra, lo spazio centrale curvilineo; gli ingressi e le uscite laterali. Si pensa che vi fossero 30 gradini decorati al di sopra con colonne e statue, che circondavano un’orchestra pavimentata di circa 20 metri, racchiusa da un muretto semicircolare che ospitava i personaggi più illustri della città. Di fronte vi è il palcoscenico, che misura 40 metri di lunghezza e 10,5 di profondità, è rialzato di un metro rispetto al resto e presenta sul fondo delle nicchie quadrate o curvilinee che probabilmente ospitavano statue. Una caratteristica di questa parte della struttura sono le cinque porte, due in più rispetto all’impianto standard dei teatri dell’epoca. L’ingresso centrale, chiamato Porta Regia, si presenta di grandezza doppia rispetto ai laterali, i quali diminuiscono di dimensioni man mano che ci si allontana dal centro. È delimitato da quattro colonne sormontate da un frontone triangolare, che racchiudono la porta in uno spazio ovale. Le altre entrate ai lati si alternano con colonne di dimensioni minori in spazi dalla forma rettangolare. Altra peculiarità del teatro è che questi ingressi non conducono ai camerini degli attori, bensì direttamente alla via Colonnata che si apriva subito dietro. L’intera struttura era coperta da marmo bianco riccamente decorato, che separava visivamente un possibile secondo piano, di cui però non sembra essercene traccia.

Deborah Scarpato

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