IN VIAGGIO NEL TEMPO: Palmira, la sposa del deserto – parte seconda

Proseguiamo il nostro viaggio a Palmira, esplorando gli altri edifici che la città ci offre.

Il Santuario di Bel

È il tempio più importante e grande della città e al quale dedicheremo più spazio nella presentazione. È dedicato alla divinità principale del pantheon palmireno, Bel, che viene spesso paragonato a Zeus/Giove, ma è affiancato da altri due dèi, Yarhibol, il Sole e Aglibol, la Luna, formando una triade. Il santuario viene edificato nel I secolo d.C. nella parte orientale della città, alla quale è collegato per mezzo della Via Colonnata, situato su un tell, un’altura artificiale, ed era uno dei meglio conservati nel Medio Oriente fino a qualche anno fa. Viene costruito con il patrocinio dei personaggi più importanti di Palmira, ai quali poi furono dedicate delle statue da parte dei cittadini come ringraziamento. Il santuario è circondato da un imponente recinto, ampliato tra II e III secolo d.C. e successivamente, durante l’epoca islamica, viene gran parte ricostruito per scopi difensivi, conferendo alla struttura l’aspetto di una fortezza. Le parti originali di I secolo, erano presenti nella parte ovest ed erano costituite da pilastri quadrati alternati a finestre, abbellite da frontoni triangolari, nello stesso lato dov’è ubicata l’entrata al tempio vero e proprio. Quella originale consiste in una grande gradinata centrale, larga circa 35 metri, con alti zoccoli ai lati, che portava a un portico sostenuto da otto colonne con capitelli corinzi e due grandi pilastri, e sormontato da un frontone triangolare, aperto al centro con un arco a tutto sesto. Il portico portava all’entrata vera e propria del tèmenos (recinto sacro), al quale si accedeva attraverso tre porte, di cui quella centrale era più alta e ampia. La costruzione antica subisce una grande trasformazione sempre nel 1132 quando, al posto della porta crollata, si erge un lungo muro con una nuova porta che dà un’impronta “militare” alla struttura. L’entrata porta al cortile interno, un enorme spazio lastricato, quasi quadrato, che misura 205×210 metri, e circondato da un portico con un doppio colonnato su tre lati e uno sul lato dell’ingresso, dove le colonne qui sono, però, più alte. Le colonne avevano tutte capitelli corinzi e piedistalli per ospitare le numerose statue che decoravano l’ambiente. Anche il tetto del recinto era decorato con una merlatura a gradini, che correva lungo tutto il perimetro, in perfetto stile orientale.

Santuario di Bel

Entrando all’interno del recinto sacro, si trova il Tempio vero e proprio, costruito su una piccola altura e consacrato il 6 aprile 32 d.C. durante il regno di Tiberio. L’ingresso è posizionato su uno dei lati lunghi, spostato leggermente verso destra, al quale si accede attraverso una scalinata di 15 gradini, con ai lati due piedistalli per sorreggere delle statue. Il Tempio è circondato da un peristilio con colonne alte circa 16 metri, con capitelli corinzi ricoperti di lamine di bronzo dorato e fusti scanalati. I lati nord e sud erano decorati da frontoni triangolari, mentre gli altri due da una cornice che riprendeva le merlature scanalate del recinto esterno. Tipico dell’architettura orientale, è il tetto del santuario, realizzato come una terrazza con due torri quadrate alle estremità, al quale si accedeva tramite una scala interna. L’esterno dell’edificio era decorato da un fregio con rilievi colorati, che correva lungo tutto il perimetro del santuario. Varcando la soglia, si entra in una sola cella di grandi dimensioni, che misura 40 metri di lunghezza, 14 di larghezza e 14 metri anche di altezza. All’interno si trovano, secondo le usanze orientali, due nicchie, una a nord e una a sud, chiamate adyton, che sono lo spazio più sacro del complesso religioso. La nicchia nord è quella principale, dove erano contenute le immagini delle tre divinità a cui l’edificio è dedicato, e ai lati due rientranze decorate da un frontone triangolare e da pilastrini quadrati. L’adyton era decorato da un bellissimo fregio a rilievo e da un soffitto consistente in un unico blocco di pietra, che ospitava una cupola decorata con le sette divinità planetarie e i segni zodiacali, circondata da bassorilievi geometrici. La nicchia sud ospitava la statua di Bel di piccole dimensioni che veniva portata in processione in città. Anche questa parte era decorata da uno splendido soffitto quadrato in pietra, in cui sono distribuiti motivi a svastica, con foglie di loto e d’acanto, e circondate da rilievi anche qui a motivi geometrici.

Il tempio di Nabu

Costruito, secondo le iscrizioni ritrovate, a partire dal I secolo d.C. e in quello successivo, rimane gran poco della costruzione originaria, perché venne distrutto dalle truppe dell’imperatore Aureliano nel 273 durante il saccheggio di Palmira. Il Tempio si presentava come una struttura semplice, rispetto a quello di Bel, ed era dedicato al dio Nabu, divinità babilonese protettrice degli scribi, che donò la scrittura agli uomini, figlio del dio Marduk, signore del Cielo, che aveva potere sul destino dell’umanità. Si trova nella parte orientale della città, a sud della Via Colonnata. Il santuario presenta uno strano recinto a forma trapezoidale, con tutti i lati di diversa lunghezza, con tre lati porticati, di 40 cm più alti rispetto al livello del suolo, con colonne dai capitelli dorici. Il quarto lato, quello posteriore, è stato modificato togliendo il porticato per congiungersi con la Via Colonnata e costruire una serie di negozi che vi si affacciavano. Al cortile si accede attraverso un’entrata simile al Santuario di Bel, meno elaborata, con un semplice porticato a sorreggere il frontone triangolare, dal quale si giunge all’interno della struttura. Subito si trova un altare monumentale esterno, decorato da tre colonne per lato che sorreggono un soffitto forse piatto, e proseguendo si arriva al Tempio vero e proprio. La struttura poggia su un podio alto più di 2 metri, periptero, cioè circondato da colonne su tutti i lati. L’entrata, a sud, presenta anche qui il frontone triangolare sorretto da colonne con capitelli corinzi, alla quale si accedeva attraverso una bassa scalinata. Il tetto è stato costruito come quello del Tempio di Bel, piatto con due torri quadrate alle estremità, decorate con merlature a gradini. All’interno dell’edificio vi è un’unica cella dove in fondo si trova l’adyton, che probabilmente conteneva la statua di Nabu e forse di altre divinità. L’intero tempio si presenta diverso dal resto degli edifici palmireni, perché sembra riprendere la modalità di costruzione dei romani, in cui tutti gli elementi sono allineati lungo un unico asse e il santuario vero e proprio è posto su un podio sopraelevato.

Il Tetrapilo

Questo monumento che appare singolare ai nostri occhi, è in realtà molto comune nelle città antiche. Il tetrapilo, dal greco “quattro porte”, sorge al centro della città, all’incrocio delle due principali strade colonnate, cioè il cardo e il decumano ma, come vedremo, quello di Palmira presenta delle caratteristiche uniche. Il monumento sorge in una piazza ovale, fulcro della città, poco distante dall’agorà e si apre sulla via Colonnata. Risale al III secolo d.C. e nel corso del tempo, probabilmente a causa di un forte terremoto, venne quasi completamente distrutto. Durante le campagne di scavo del 1963 operate dal Dipartimento dei Musei e delle Antichità siriane, sono stati recuperati i pezzi ed è stato restaurato quasi del tutto. Il tetrapilo poggia su un alto podio a tre gradoni di 18 metri per lato, nei cui angoli sorgono delle basi quadrate sormontate da 4 colonne in granito rosa egiziano, con capitelli corinzi, cornici e fregi decorati a rilievo. Al centro delle colonne erano presenti 4 statue poggianti su altrettante basi, di cui rimane solo qualche resto. Oltre a questa disposizione particolare, diversa dalla forma “canonica” di un’unica struttura con quattro aperture, il tetrapilo palmireno si differenzia per il fatto che non si trova all’intersezione di due vie: taglia la Via Colonnata, ma la strada che la incrocia, chiamata Via Colonnata Trasversale, parte dalla piazza ovale in direzione sud e non prosegue dalla parte opposta, rendendo il monumento un trivium, cioè “tre vie”. Infine, a causa della sua forma particolare, in 4 blocchi distinti e separati, non è un vero e proprio tetrapilo, ma un tetrakionion, cioè “quattro colonne”, perché non sostengono una copertura unica.

Tetrapilo

L’agorà

L’agorà, centro della vita cittadina, si trova a sud della Via Colonnata e fu costruita nel I secolo d.C. e terminata agli inizi del successivo. La piazza palmirena è composta da tre elementi diversi: l’agorà vera e propria di forma quadrangolare con porticato su tutti i lati; una basilica-mercato a est e un piccolo recinto sul lato ovest, non ancora identificato a causa del suo pessimo stato di conservazione, forse una curia o un piccolo tempio. La struttura è costruita in blocchi di pietra calcarea, forse interamente coperta da una terrazza, e racchiusa da un recinto che presenta undici porte: una ad ovest, tre a est, due a sud e tre a nord. Il cortile è circondato dal consueto porticato che conta 80 colonne dai capitelli corinzi, che poggiano su un basamento e presentano una mensola, a un terzo dell’altezza del fusto, su cui erano collocate le statue dei personaggi illustri della città, come senatori, ufficiali, funzionari, militari e mercanti. Nell’intera agorà se ne contano circa 200, accompagnate da iscrizioni dedicatorie e da qualche ritratto imperiale, snodandosi per tutta la piazza sia sul lato interno che esterno. Si è ipotizzato, infine, che la piazza fosse già in disuso nel III secolo, in quanto molti blocchi del recinto vennero prelevati per rafforzare le mura difensive di Palmira.

Il Tempio di Baalshamin

Ultimo edificio che andiamo ad analizzare, è il Tempio di Baalshamin, dedicato alla divinità di origine semitica, signore del Cielo e dio delle Tempeste, della Pioggia e della Fertilità. Rispetto ai precedenti santuari, si presenta di piccole dimensioni ma, nonostante questo, era considerato uno dei più belli del Medio Oriente, edificato intorno al I secolo d.C. Si trova vicino alla Via Colonnata ed è costruito in blocchi di pietra calcarea locale, senza podio e restaurato in epoca bizantina con gli stessi materiali, quando venne trasformato in chiesa. L’edificio misura 15×10 metri e alto 13, e si tratta di un tempio prostilo, cioè con colonne solo davanti, all’altezza del vestibolo. È tetrastilo, con quattro colonne che reggono il frontone triangolare, con l’aggiunta di altre due colonne laterali, quasi a chiudere lo spazio, tutte con capitelli corinzi e anche qui le mensole collocate sul fusto, per reggere le statue dei personaggi illustri di Palmira, come colui che patrocinò i lavori, Male Agrippa. I lati sono decorati con pilastri quadrati addossati alle pareti, dove si aprono due finestre con trabeazione e timpano triangolare, una per parte. Entrando, il santuario presenta una sola cella, che misura 8 metri per 4, dove su fondo si apre l’adyton vero e proprio, che presenta una forma particolare, a esedra (semicircolare), dove era probabilmente collocata la statua di Baalshamin, e ai lati due strutture rettangolari decorate con frontoni. Il resto della cella era abbellito con rilievi in pietra scolpita, che riproducevano colonne, scanalate e non, con capitelli corinzi, alternate a finte porte e finestre.

Il tempio di Baalshamin

Questo articolo, che fa parte della sezione “In viaggio nel tempo”, è dedicato a Palmira, perché, oltre a voler far conoscere una delle più belle città dell’antichità romana, è uno dei simboli dell’incontro e dell’incrocio di civiltà, culture e religioni diverse, che hanno saputo convivere pacificamente insieme, prosperando e rendendo ricca la loro città. Soprattutto, volevo parlarne perché, purtroppo, nel 2015, i miliziani dell’ISIS, quando si sono impadroniti della zona, hanno distrutto la maggior parte della città e dei suoi reperti archeologici. Tra le rovine, ci fu però un uomo coraggioso, l’ex direttore del Museo Archeologico di Palmira, Khaled al-Asaad di 82 anni che, non cedendo alla furia cieca e irrazionale di quei soldati, venne ucciso proprio nell’agorà della città, per non aver rivelato dove aveva nascosto i tesori più importanti che custodiva da una vita. A lui è dedicato il mio articolo e grazie al suo sacrificio, i preziosi reperti si sono salvati e sono stati recuperati. Poco dopo è stato avviato un programma internazionale per la ricostruzione di Palmira, per riportarla all’antico splendore, così da poter rimanere per sempre la magnifica “sposa del deserto”.

Deborah Scarpato

 

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