SCORCI SULL’ARTE: L’arte etrusca dal periodo villanoviano all’età orientalizzante, IX-VI secolo a.C. – parte prima

Tomba dei Flabelli, Populonia, VII secolo a.C., Poggio della Porcareccia

In questi articoli andremo ad analizzare le tappe dello sviluppo dell’arte etrusca, una civiltà a cui siamo debitori dal punto di vista artistico e culturale, forse troppo spesso ignorata, perché in guerra con Roma e poi inglobata nel suo Impero. Ma che merita di essere rivalutata, riscoperta e soprattutto fatta conoscere meglio per le grandi testimonianze che ci ha lasciato. La tratteremo in diversi articoli, per l’ampiezza e l’articolazione della sua evoluzione artistica e per addentraci di più nella sua antica, ma sempre attuale bellezza.

La storia dell’arte etrusca inizia tra IX e VIII secolo a.C., quando la compagine etnico-culturale chiamata “villanoviana”, rappresenta la fase più antica di questa civiltà. Mostra già le caratteristiche di un popolo proto urbano, che ha come centro insediativo il villaggio e come abitazione tipica la capanna. In questi primi insediamenti son già presenti anche le necropoli, che in questa fase ospitano già tombe a incinerazione e nella fase di poco successiva anche quella a inumazione.

La civiltà etrusca si sviluppa in un territorio fertile che porterà allo sviluppo dell’agricoltura e della metallurgia, diventando la sede o meglio la meta, dell’importazione dei più importanti e pregiati manufatti dell’epoca provenienti dall’intero bacino del mediterraneo. Per questo primo periodo, oltre alla produzione di urne cinerarie a forma di vaso o capanna decorate con motivi che probabilmente rispecchiavano le decorazioni delle abitazioni, vi è l’artigianato fittile. La ceramica in questo momento è realizzata con l’impasto, cioè argilla con smagranti che le donano compattezza e viene lavorata a mano o a tornio lento, in forme limitate. I vasi ottenuti vengono poi decorati a impressione a “falsa cordicella”, a incisione usando un pettine a più punte e con l’impiego di stampini. I vasi più diffusi sono quelli per uso cinerario a forma biconica, risalenti al tardo Bronzo, che si presentano come un contenitore chiuso a doppio cono con la spalla rigonfia e un’unica ansa, per distinguerli dagli oggetti di uso comune. L’urna viene poi chiusa da un coperchio costituito da una ciotola rovesciata e in casi rari da elmi di bronzo o terracotta che indicano la connotazione militare del defunto.

Vengono prodotti altri vasi in numero limitato come piattelli, coppe, ciotole, attingitoi, askòi, olle decorati con motivi geometrici e impressi, con rari casi di figure umane stilizzate. Poco frequenti in questa fase sono le decorazioni plastiche, come nel caso degli askòi a forma animale con figure umane sulla sommità.

Nello stesso periodo si sviluppa un’altra attività importante ad alto livello: la metallurgia, che fa assumere al metallurgo un ruolo di grande rilevanza sociale, per la sua capacità di creare oggetti domando il fuoco e fondendo questi diversi materiali. Tale tipo di artigianato viene favorito dalle grandi risorse minerarie dell’Etruria e dal contatto con maestri del centro Europa di cultura hallstattiana, dalla Grecia e dalla Sardegna. Viene lavorato quasi sempre il bronzo, mentre il ferro viene utilizzato raramente e si producono oggetti ornamentali, come fibule in varie forme, ami, ferma trecce, armille, appliqués decorative a forma umana e animale, in rari casi.

Cinerario bronzeo da Bisenzio, dalla tomba XXII della necropoli dell’Olmo Bello, ultimo quarto VIII sec. a.C., Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Il bronzo laminato viene impiegato anche per produrre vasi, urne cinerarie biconiche, elmi, scudi, rasoi e cinturoni, spesso decorati finemente con puntini, borchie, motivo a “barca solare”, disegni geometrici incisi a graffito, mentre sono ancora poche le decorazioni narrative.

Un esempio di vaso in bronzo dell’età villanoviana è il cinerario bronzeo proveniente da Bisenzio e risalente alla fine dell’VIII secolo a.C. È utilizzato come contenitore delle ceneri e presenta una ricca decorazione plastica, che raffigura una scena i cui protagonisti sono un aratore, un cacciatore e degli uomini armati, disposti attorno ad un essere mostruoso incatenato al centro. Si è ipotizzato che possa essere la rappresentazione di una danza, celebrata in ambito religioso che vede come protagonisti delle persone di rango elevato riconoscibili dal copricapo e dagli attributi rappresentati, cioè le armi, l’aratro che indica il possesso di terra e la pratica della caccia, tutti simboli appartenuti alla nascente aristocrazia etrusca. Il vaso è formato da lamine di bronzo fissante nella pancia con dei chiodi, un corto collo cilindrico, la spalla obliqua e un corpo a cono rovesciato poggiato su una base a tromba. Le due anse sono fissate alla spalla e il coperchio è semisferico, agganciato al corpo del vaso tramite una catenella. L’urna presenta una decorazione a spina di pesce a sbalzo che la ricopre interamente. Le figure invece, si posizionano sul coperchio e sulla spalla, disposti in maniera circolare attorno alla bestia incatenata e ritta sulle zampe posteriori, realizzati tutti in maniera stilizzata.

La fase successiva prende il nome di età orientalizzante e comprende l’arco di tempo tra l’VIII e il VI secolo

a.C. e vede la nascita in Etruria di grandi aristocrazie principesche, sorte grazie allo sfruttamento delle risorse della regione, che la rendono il centro di scambi di merci e tecniche di lavorazione da tutto il Mediterraneo e dal centro Europa. È proprio in questo periodo che nasce l’alfabeto etrusco agli inizi del VII secolo, che deriva da quello euboico (greco dell’isola Eubea, a est di Atene) e si avvia la trasformazione della società, da una in cui si distingueva appena la ricchezza, a una dove ora si avverte la necessità di mostrare agli altri il nuovo status sociale. L’ostentazione del proprio benessere avveniva attraverso i nuovi palazzi, le grandi tombe e il possesso di molti oggetti preziosi importati dal Vicino Oriente e dalla Grecia, iniziando anche ad adottare ed usa il nome gentilizio.

Dall’architettura ci arrivano le prime testimonianze di questa nuova epoca, tramite edifici civili, funerari e politico-religiosi, i cui migliori resti sono situati in Etruria meridionale, da città come Cerveteri. Sono tutti di tipo funerario, scavati nel tufo e ci permettono dalle loro caratteristiche, di risalire alla forma e alla struttura delle abitazioni, in quanto i sepolcri erano costruiti proprio su modello di queste ultime. In età orientalizzante nasce l’architettura funeraria monumentalizzante, simbolo dell’aristocrazia dominante che vuole manifestare la sua ricchezza anche dopo la morte. Risalgono a questi anni due tombe scavate nel tufo, una a pianta rettangolare con il tetto a doppio spiovente e la seconda con la stessa pianta, che presenta però al centro 2 camere laterali a forma ovale, che è scavata nella roccia solo nella parte più interna, mentre il resto è coperto con blocchi di pietra.

Intorno alla metà del VII secolo vi sono dei cambiamenti nelle tombe dovuti forse ai mutamenti delle abitazioni privati, con sepolcri presenti sempre a Cerveteri. I vari ambienti e le loro funzioni vengono riprodotti in maniera precisa negli ambienti funerari, dove sono presenti letti, sedie, troni, ceste, scudi, mense e decorazioni pittoriche. La pianta diventa più articolata e si struttura in due assi, uno principale con anticamera e camera funeraria e l’altro trasversale con camere minori. Le pareti sono verticali e sorreggono un tetto a capriate, con coperture a doppio spiovente realizzate con dovizia di particolari. Al contrario in Etruria settentrionale, invece, l’architettura ha un aspetto diverso, con strutture sempre a tumulo, ma edificate e non scavate nella roccia. Diversa è anche la pianta che presenta lunghi corridoi d’accesso coperti con a fianco delle cellette e un’unica camera funeraria coperta da una cupola. Questa forma di sepoltura deriva da tumuli presenti a Populonia e Vetulonia, con l’uso di pennacchi angolari a lastroni di calcare che permettevano la costruzione della copertura circolare.

Dopo l’affermarsi di nuovi elementi nell’architettura civile, si ha una nuova fase delle strutture sepolcrali nel sud dell’Etruria, con l’introduzione di un atrio coperto trasversale al resto della tomba dove erano presenti troni in tufo tra le porte e scudi pareti, mentre gli ambienti interni erano la camera funeraria vera e propria. A nord, invece, oltre ai tumuli monumentali, iniziano ade emergere nuove soluzioni per le camere interne, come vere e proprie tholòi con o senza pilastro centrale, sia di enormi dimensioni che di più contenute.

Tomba dei Flabelli, Populonia, VII secolo a.C., Poggio della Porcareccia

Per quanto riguarda l’architettura di culto politico-istituzionale, il più antico edificio risale all’inizio del VII secolo a.C. presente a Tarquinia sul pianoro della Civita e identificata come struttura Beta. È un edificio a pianta rettangolare diviso in due stanze, dove quella più interna ha un basamento che presenta un piccolo canaletto che porta ad una cavità esterna e che probabilmente serviva per raccogliere il sangue delle vittime del sacrificio. Una novità del periodo è l’edilizia a pilastri di provenienza fenicia e orientale, che conduce ad un altro fondamentale cambiamento in Etruria. Sino ad ora le abitazioni erano in materiali leggeri come il legno e a forma di capanna, mentre ora si edificano case in muratura e pianta rettangolare, dalle fondamenta in pietra, tetti in terracotta e l’alzato in vari materiali, sempre in pietra oppure con mattoni d’argilla crudi, lasciati essiccare, intonacati con palificazioni e travature il legno. Le maggiori tecniche edilizie usate erano quella in mattoni crudi, a graticcio (intelaiatura di canne e rami rivestite di argilla posta tra i pali nel terreno) e in pisè (colate d’argilla fresca con rami e canne pressate all’interno di casse di legno poi rimosse). Nell’ultima fase dell’età orientalizzante si diffonde l’uso di decorare i tetti con terrecotte architettoniche plasmate e dipinte, chiamate coroplastiche architettoniche, che portano alla nascita di artigiani dalle competenze specifiche. I primi esempi di questi nuovi elementi sono in forma di teste umane femminili, sime (satiri e menadi) laterali o rampanti, acroteri (elementi ornamentali alla sommità o alle estremità dei templi greci e romani) a ritaglio, realizzati con la tecnica white-on-red tipica della ceramica ceretana.

L’ultimo aspetto di questa prima parte dell’arte etrusca è dedicato alla scultura, che si manifesta all’inizio del VII a.C., quasi dal nulla, perché non sembra legata alle figure plastiche del periodo precedente. Le prime testimonianze appaiono con la monumentalizzazione dell’arte civile e funeraria, dalla quale giungono le opere conservate. Si presentano come altorilievi antropomorfi scavati nel tufo e le sculture del periodo sono realizzate in stile orientale, ad indicare che i primi artisti ad operare in Etruria erano di provenienza siro-ittita. Le statue sono presenti nella stanza che precede la camera funeraria vera e propria, in funzione di “immagini degli antenati” in quanto, oltre che agli oggetti identificativi, la loro posizione indicava i simulacri adibiti al culto degli avi. Questi atrii erano così creati per imitare l’ambiente domestico, tant’è che in una tomba son stati rinvenuti altri suppellettili che avvalorano l’ipotesi: due sedie con un tavolo, due troni, un altare con le offerte e un cesto.

Le prime sculture a tutto tondo, invece, sono state ritrovate in Etruria settentrionale, da dove provengono due statue in calcare e risalgono probabilmente alla prima metà del VII secolo a.C. e rappresentano due figure maschili. La resa delle opere mostra da un lato, il richiamo ai motivi dello stile geometrico etrusco e dall’altra influenze orientali, come l’abbigliamento, la resa volumetrica, l’acconciatura e si è quasi certi che la loro funzione era di accogliere i defunti nella loro tomba e nell’Aldilà.

di Deborah Scarpato

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