Intervista a Francesco Augusto Razetto

Francesco Augusto Razetto, imprenditore ed architetto di origine parmense e praghese d’adozione, è Presidente della Fondazione culturale Eleutheria di Praga e Membro del Consiglio Direttivo della Camera di Commercio e dell’Industria italo-ceca.

La Fondazione Eleutheria, istituita nel 2008, ha come obbiettivo quello di fornire una risposta adeguata alle esigenze di conoscenza e divulgazione del patrimonio storico e artistico dei periodi meno conosciuti e studiati, attraverso attività rivolte a promuoverne l’immagine e la valenza culturale. La Fondazione, a tale scopo, promuove convegni, seminari e mostre; avvia collaborazioni e stipula convenzioni con istituti universitari e di ricerca, con enti culturali ed istituzioni, operanti in settori attinenti all’attività della Cultura.

Come nasce la Fondazione Eleutheria?

La Fondazione Eleutheria nasce circa 15 anni fa a seguito di una visita che feci al Museo del Comunismo di Praga (il museo del partito non aperto al pubblico). Mentre osservavo le opere mi resi conto che la mia collezione (sul Realismo Socialista) era più grande di quella del partito che aveva governato per circa 40 anni il Paese (sic!). Decisi allora che era arrivato il momento di far conoscere al pubblico quanto avevo collezionato con entusiasmo per anni anche al fine di rivalutare artisticamente (al di là del significato ideologico) i vari manufatti. Successivamente, la mia Fondazione ha subito una evoluzione, trasformandosi in ente culturale orientato ad organizzare molteplici eventi a livello internazionale nonché a promuovere la cultura nei suoi diversi aspetti: pittura, scultura, musica, cinema, installazioni, fotografia, grafica, ecc. In particolar modo, ci siamo impegnati nel sostenere giovani talenti, offrendo la possibilità di valorizzare il loro lavoro anche nel campo della ricerca e sperimentazione. Ad esempio, nel 2018 abbiamo curato una mostra al MAXXI di Roma, presentando diciotto giovani artisti cechi e dando così vita alla rassegna “Et Cetera” dedicata a giovani talenti italiani in Repubblica Ceca e viceversa.

Un contributo anche sociale della Fondazione?

Sì, in realtà, si intende dare spazio a quei giovani che, pur avendo grandi potenzialità artistiche, non ottengono nella vita ciò che meritano per essere inseriti nel “mondo lavorativo” delle Arti.

Sei un noto “famelico” collezionista di vari periodi storici. Quale consideri più interessante e cosa pensi dell’arte contemporanea ceca?

Più che un collezionista mi considero un curioso “raccoglitore” impenitente, compro cioè tutto quello che artisticamente mi piace, mi attira, mi conquista. La conseguenza è che la collezione Eleutheria conta più di 5000 quadri, migliaia di fotografie e molto altro, spaziando dall’arte antica a quella contemporanea. Mi definisco “raccoglitore” perché, a mio avviso, a differenza del tipico collezionista, non ho un interesse specifico, ma vengo attratto da tutto ciò che colpisce la mia sensibilità e dall’amore della ricerca insita nell’uomo.

L’arte contemporanea ceca è molto interessante, essendo caratterizzata da alcuni importanti fattori; primo tra tutti il fatto che i movimenti sviluppatisi dopo la dittatura comunista hanno dato prova di un entusiasmo artistico pari a quello registrato in Italia nel dopo-guerra. Il secondo fattore è riferito al fermento prodottosi anche nell’ambito del mercato dell’arte, con l’aumento progressivo di collezionisti e gallerie.  Fin dal 1990 – anno della caduta del comunismo in Repubblica Ceca – il settore delle arti ha iniziato a rivitalizzarsi anche in una ottica internazionale. Ciò detto, un fecondo humus culturale è sempre esistito in Cecoslovacchia in virtù di un grande passato artistico esploso durante la Prima Repubblica (1930) nel campo creativo (arti visive, letteratura, poesia, musica, ecc.). La dittatura comunista non ha mai scalfito questa grande tradizione, che per questo è poi facilmente riemersa con forza.

Bilancio di questi anni?

Il periodo del covid è stato un momento di grande riflessione nel senso che si è capito quanto sia importante la socialità, quanto cioè sia importante “incontrarsi”. Abbiamo allora cercato, nonostante le restrizioni sanitarie, di portare comunque avanti ogni possibile iniziativa, dovendo purtroppo cancellare molte di quelle già programmate. Tra i progetti realizzati ricordo la pubblicazione del libro sulla sede e residenza diplomatica dell’Italia a Praga. Trattasi di un volume che ha necessitato di un impegno prolungato nel tempo per una approfondita ricerca d’archivio sull’architettura e la storia dell’edificio (Palazzo Thun-Hohenstein a Malá strana). Sicuramente uno dei palazzi più belli del barocco ceco.

A proposito di Barocco a Praga, da segnalare un gioiello architettonico: la Cappella barocca italiana, a pianta ovale, dell’Assunzione della Vergine Maria.

La migliore architettura barocca a Praga è di matrice italiana.  Qui la presenza italiana è sempre stata capillare; se pensiamo che ben 450 edifici sono stati disegnati da architetti italiani. Per non parlare di 750 altre costruzioni progettate nella Boemia e 1.200 in tutto il resto del Paese: tante chiese, monasteri e civili abitazioni.

Torniamo alle attività della Fondazione Eleutheria. Progetti futuri?

Numerosi, tra i quali quello di realizzare un libro sull’Istituto Italiano di Cultura a Praga (anch’esso edificio di grande rilevanza storica), che quest’anno compie 100 anni. Infatti, oltre a essere stato la sede della Congregazione italiana (la comunità più importante del centro Europa per diversi secoli) esso è stato – dopo il 1945 -anche l’unico istituto culturale occidentale che ha conservato la sua indipendenza, restando aperto. In quest’ottica, esso ha costituito un “polmone” di libertà e cultura non indifferente, in virtù del fatto che l’Italia (e la comunità italiana presente da tanti secoli in questa repubblica) si era guadagnata un rispetto indiscutibile, che neanche il comunismo ha potuto scalfire.

Abbiamo poi in programma una nuova edizione del festival di cortometraggi cechi ed italiani, alcune esposizioni di artisti contemporanei e molti “work in progress” in via di definizione. Tra tutti, una mostra sui Cavalieri di Malta, nella quale verranno esposti alcuni capolavori e, contestualmente, sarà fatto conoscere al pubblico l’assiduo lavoro di beneficienza promosso ed attuato da questa nobile ed antica istituzione.

Cosa auguri alla Fondazione per il prossimo futuro?

Il nostro fine è lanciare “ponti culturali” tra Paesi che hanno una idea della società nella quale la cultura sia fattore preminente. Oggi è importante più che mai riflettere sull’Europa delle Arti, cercando di raggiungere un ideale estetico comune nel rispetto delle differenze. La Fondazione vuole continuare a svolgere un’attività prettamente europea, per diffondere non soltanto la bellezza estetica, ma soprattutto legarla al valore della pace e fratellanza tra popoli. Sottolineo che, la Fondazione è nata con l’intento, forse utopico, di superare attriti religiosi, economici e politici nonché di relazionare idee e progetti di valore, senza barriere di alcun tipo. In tal senso, Cultura e Arte dovrebbero mantenere sempre un forte ed autonomo potere.

Un mondo delle Arti, con il concetto di libertà, perché questo è il significato della parola Eleutheria.

Genny Di Bert

Be the first to comment on "Intervista a Francesco Augusto Razetto"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*