ARTE NEL MONDO: La chiesa Panagia Phorbiotissa di Asinou a Cipro – parte prima

La chiesa della Panagia Phorbiotissa o Panagia tis Asinou, chiesa della Nostra Signora Phorbiotissa o di Asinou si trova a circa 3 km a sud del villaggio di Nikitari, vicino alla strada tra Trodos e Nicosia, sull’isola di Cipro. Di piccole dimensioni, la chiesetta ha un aspetto semplice all’esterno, con blocchi di pietra e un tetto a doppio spiovente in legno coperto da tegole piatte; ha un’unica navata con due contrafforti laterali e poggia su un basso podio con gradinata e un nartece absidato aggiunto in seguito. Era probabilmente il katholikón (chiesa principale di un monastero ortodosso) del monastero della “Phorbia”, fondato nel 1099 e in uso sino al XVIII secolo, di cui oggi non rimane nulla. Il nome un po’ curioso di “Phorbia”, da cui l’appellativo della Vergine “Phorbiotissa” deriva dal nome di una pianta selvatica, l’euforbio o euforbia, molto comune a Cipro.
È uno dei gioielli dell’isola che presenta all’interno le pareti interamente affrescate, con dipinti per la maggior parte risalenti al XII secolo, ma che arrivano sino al XVIII. Il ciclo è uno dei massimi vertici della pittura di epoca comnena (1081-1185), realizzato da maestranze provenienti da Costantinopoli ed è tornato a risplendere grazie all’intervento, tra il 1965 e 1967, del Dumbarton Oaks Centre for Byzantine studies dell’Università di Harvard insieme al Dipartimento delle Antichità di Cipro e dal 1985, con altre chiese bizantine, post-bizantine e siti dell’isola, è diventata patrimonio UNESCO.

Veduta esterna della chiesa

Veduta esterna della Chiesa
Iniziamo da colui che ci ha consegnato questo tesoro, il fondatore della chiesa, Niceforo Ischirio o Ischiro Magistros, chiamato così perché probabilmente si trattava di un ufficiale delle tasse o un giudice, ritratto anche lui all’interno, ma di cui parleremo più tardi.
La chiesa presenta un ciclo di affreschi dalla ricca iconografia che andremo a scoprire pian piano insieme, partendo dal ciclo “originale” di inizio XII secolo fino ad arrivare a quelli successivi di età paleologa (1261- 1453), passando per il dominio latino dell’isola iniziato nel 1191. Il loro stile sofisticato riflette i gusti dell’epoca, anche a Cipro, quando Alessio I Comneno (1081-1118) la sceglie come sede del suo quartier generale dal quale controllare la situazione militare e politica nel Vicino Oriente dopo l’arrivo dei Turchi Selgiuchidi e la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati con la fondazione dei primi regni Latini nella zona.
I dipinti più antichi risalgono al 1105-6 e si trovano per la maggior parte nel bema (presbiterio delle chiese bizantine) e nella campata ovest della navata. Conosciamo con precisione la data degli affreschi perché è presente in una delle scene che ritraggono il quasi onnipresente Costantino I e sua madre Elena in una nicchia a sud-ovest, nell’iscrizione che scorre sotto le figure e che recita che la chiesa venne dipinta per volere del

Magistros Niceforo durante il regno di Alessio I Comneno nell’anno 6614, corrispondente agli anni 1105-6 (la data “strana” è dovuta al diverso computo in vigore a Bisanzio, dove si contavano gli anni a partire dall’anno della Creazione, che secondo i bizantini, era il 1° settembre 5509 a.C., giorno che coincideva anche con il capodanno). Il fondatore, come detto prima, è presente sopra l’entrata sud, ritratto mentre presenta a Cristo il modellino della chiesa accompagnato da un’iscrizione che riporta in prima persona il desiderio di Niceforo di costruire l’edificio per ritornarvi a pregare e affidarsi alla Vergine e a Gesù in attesa del Giorno del Giudizio. Cosa che effettivamente fece, perché una volta anziano, si ritirò proprio nel monastero, cambiò nome in Nicola e vi rimase fino alla morte nel 1115. Niceforo è preceduto da Maria, che intercede per lui ed è seguito da un personaggio femminile di nome Yephira, di cui non si conosce la relazione con il fondatore e potrebbe essere un’aggiunta successiva a seguito dei restauri dovuti a un terremoto. Dall’altra parte troviamo Cristo in trono accompagnato da degli angeli. L’affresco è interessante, oltre allo stile in sé, anche perché ci restituisce un indizio su come gli alti ufficiali di corte si vestivano all’epoca. Niceforo con la barba indossa una lunga tunica rossa impreziosita con ricchi materiali e un orlo ricamato di pietre preziose; sopra ha un altrettanto ricco mantello anch’esso adornato con preziosi chiamato scaramangion e calzature a punta in morbida pelle. Con vesti simili è abbigliata anche la signora dietro di lui, con l’unica differenza che la tunica giunge fino a terra e ha su capo un diadema con pietre preziose.

Interno della chiesa; sulla sinistra in alto parte dell’affresco con Niceforo e sul fondo la Dormizione della Vergine

Interno della chiesa; sulla sinistra in alto parte dell’affresco con Niceforo e sul fondo la Dormizione della Vergine
Altro affresco importante è la Comunione degli Apostoli al centro dell’abside che presenta Cristo sulla sinistra mentre porge il vino a sei Apostoli, dei quali il primo è Giovanni, che prende il calice direttamente dalle mani di Gesù. La sua postura ed espressione contrasta con l’ultima figura della fila, quella di Giuda che, girato, si dirige dalla parte opposta come in un tentativo di fuga in quanto traditore. Gli Apostoli sono ritratti in maniera vivace e ritmata, in pose diverse secondo il gusto costantinopolitano del tempo, mentre la parte sinistra dell’affresco è danneggiata. Al di sotto della scena, si trova una teoria di Santi, i Padri della Chiesa, in posizione frontale e fissa, che si stagliano ieratici sul fondo blu, tenendo in mano un libro e da sinistra a destra sono: Dionigi l’Aeropagita, Gregorio, Basilio, Crisostomo, Nicola e Ignazio Teoforo. Tutti indossano un semplice phelònia (abbigliamento liturgico dei Cristiani d’Oriente) tranne Crisostomo che indossa una variante, il polystavrion phelònion, coperto da croci e regge la Croce liturgica. Nel riquadro al centro sono rappresentati i santi Barnaba ed Epifanio, il primo dei quali è considerato il fondatore della Chiesa di Cipro.

Sopra le nicchie dall’altra parte dell’abside, si trova un soggetto raro all’epoca nelle chiese cipriote, cioè la Comunione di S. Maria d’Egitto da parte di S. Zosimo. La santa è rappresentata come una selvaggia, con naso e mento pronunciati e capelli bianchi spettinati che le cadono sulle spalle, aspetti che tradiscono la sua vita eremitica, con il monaco di fronte raffigurato mentre le amministra il Sacramento (secondo una delle tante leggende, S. Maria d’Egitto, vissuta tra IV e V secolo, lasciò Alessandria, si convertì presso il Santo Sepolcro e da quel giorno si ritirò nel deserto al di là del Giordano, vivendo in solitudine per 47 anni. Da quel che si racconta, il monaco Zosimo la incontrò per caso e le diede il suo mantello per coprirla. Su richiesta della santa, l’anno seguente la rincontrò sulle rive del Giordano per darle la Comunione e l’anno successivo il monaco la ritrovò morta nello stesso punto, dove insieme ad un leone, la seppellì).
Nella parte ovest della navata, sopra alla porta, vi è il riquadro con la Dormizione della Vergine, importante perché sembra sia una delle migliori rappresentazioni del tema nell’arte medio-bizantina, apparso dal IX secolo e proveniente dai Vangeli Apocrifi. Al centro vi è il rigido corpo di Maria steso su un letto riccamente decorato e sopra la figura di Cristo in piedi che regge tra le mani l’anima della madre a forma di neonato. Alla destra della Vergine, vi è S. Pietro che si asciuga le lacrime con una mano e con l’altra fa oscillare un incensiere, mentre dall’altra parte S. Paolo piange ai piedi di Maria e S. Giovanni, anche lui in lacrime, è ricurvo sul suo corpo. Attorno sono distribuiti gli altri Apostoli in varie pose ed espressioni e sullo sfondo, affacciate ad una balaustra, vi sono le amiche di Maria che guardano addolorate la scena, separate da tutti gli uomini. Nella lunetta soprastante sono dipinti a sinistra l’Entrata a Gerusalemme e a destra l’Ultima Cena, disposta attorno ad un tavolo semicircolare, con Cristo ritratto in dimensioni maggiori rispetto agli Apostoli, che occupa il posto più importante insieme a Pietro dall’altro capo del tavolo. Davanti a Gesù vi sono un calice, una pagnotta, una forchetta e un coltello, mentre di fronte a Pietro una coppa, un pezzo di pane e un piccolo coltello. Al centro del tavolo vi è una grande ciotola contenente un pesce, uno dei primi simboli di Cristo nel cristianesimo delle origini. L’unico elemento che rompe l’equilibrio della scena è Giuda, curvo sul tavolo che allunga la mano verso il calice e il solo ad essere ritratto di profilo, dettaglio che mette in evidenza i suoi duri lineamenti. Sotto la Dormizione, ai lati della porta, di nuovo vi è la teoria di Santi, tre per parte, in posizione frontale che reggono una croce con la mano destra e un rotolo iscritto nella sinistra.

Dormiglione della Vergine, Ultima cena e Entrata a Gerusalemme

Comunione degli Apostoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A destra della Dormizione, in una nicchia, si trova la rappresentazione dei cosiddetti Quaranta Martiri di Sebaste che copre l’intera parete, diventati i santi patroni delle forze imperiali (i 40 martiri furono soldati
appartenenti alla XII Legio Fulminata di stanza a Melitene, che durante le persecuzioni al tempo dell’Imperatore Licinio, furono arrestati nel 320 perché cristiani. Dopo essere stati imprigionati e torturati, rifiutarono di rinnegare la loro fede e vennero condannati a morte. Portati durante il rigido inverno armeno su un lago ghiacciato, vennero lasciati nudi sulla sua superficie a morire assiderati dopo avergli spezzato le gambe, tranne uno che abiurò e, andato a scaldarsi nell’acqua calda, morì comunque per lo shock termico). Gli uomini sono raffigurati con i corpi feriti, coperti solo da un perizoma di diversa lunghezza, rannicchiati gli uni agli altri nel tentativo di scaldarsi sopra il gelido lago. I loro volti sono molto espressivi, come il giovane martire al centro in primo piano, sorretto da due più anziani perché sofferente. Sopra di loro, disposte su tre file, vi sono 38 corone che scendono direttamente dal Paradiso, mentre nell’arcone è presente Cristo in un medaglione che tiene nelle mani altre due corone affiancato sulla destra da colui che è morto nel bagno caldo e sulla sinistra da un soldato pagano convertito.

Gli altri affreschi del XII secolo sono quelli della nicchia sud-ovest che raffigura Costantino ed Elena con la Vera Croce e sotto tre santi monastici: Teodosio, Arsenio e Efrem il Siro, mentre nell’arcone soprastante, all’interno di medaglioni, vi sono i santi martiri come Sergio e Bacco e Floro e Lauro, separati da un monogramma a croce ingioiellato. Sull’altro lato della porta, vi sono altri sei santi monastici: Andronico, Ilario, Ciriaco, Antonio, Eutimio e Saba.
Ancora, la recente scoperta dell’Annunciazione dall’altro lato dell’abside, con l’angelo sulla sinistra che indossa i sandali e tiene in mano una bacchetta rossa che termina con un giglio realizzato in pietre preziose. Dall’altra parte la Vergine Maria è seduta su un trono con un fuso in mano e della lana scarlatta nell’altra, mentre prepara un velo da donare al Tempio.
In una lunetta all’interno del bema, è rappresentata la Nascita della Vergine, in un’atmosfera familiare e tranquilla, dove troviamo Gioacchino che assiste da una finestra alla scena, che mostra S. Anna seduta sul letto con due donne che le portano del cibo, mentre altre fanno il bagno alla neonata. Curiosamente l’iconografia deriva da quella pagana, nello specifico da un mosaico pavimentale di V secolo che raffigura la nascita di Achille a Nea Paphos. Sotto il pannello sono dipinti Romano il Melode e altri santi danneggiati, mentre nel resto degli arconi vi sono sempre santi nei medaglioni, molti dei quali con i nomi non più visibili. Dalla parte opposta vi è un’altra lunetta con la Presentazione della Vergine al Tempio accompagnata dai suoi genitori e dalle sette figlie degli Ebrei che reggono delle candele. Come negli altri casi, l’arcone che racchiude la scena, presenta quattro prelati all’interno dei medaglioni con S. Giacomo, mentre sopra troviamo S. Ticone e un altro prelato e sotto al pannello Gregorio di Nissa e un diacono.
A completare questa prima parte degli affreschi di inizio XII secolo, vi sono il frammento dell’Ascensione nella volta oltre il Santuario e la Discesa dello Spirito Santo nella volta occidentale ugualmente danneggiati, mentre più conservati sono la Resurrezione di Lazzaro e la Lavanda dei Piedi.

Fine prima parte
di Deborah Scarpato

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