ALGARCO Uno scultore dei nostri tempi

Di Milla Prandelli
PIETRASANTA
L’acqua e il sale, lo iodio e il vento che feriscono e trasformano il metallo in pelle graffiata, livida, macchiata, atrocemente straziata. Un oggetto d’arte diventa allora un corpo malato attaccato dagli elementi che sono, in questo caso, il simbolo della pandemia mondiale. Questo racconta l’ultima opera di Algarco: l’Anfora ai Tempi del Covid. Algarco in essa, che è l’ultima di una successione di Anfore, ha voluto esprimere il malessere della comunità: uomini che sono un’anfora ammalata e l’Anfora che si trasforma nelle persone che soffrono. In questi giorni e fino al 23 maggio Algarco e l’Anfora ai Tempi del Covid sono protagonisti a Pietra Santa, dove si sta svolgendo la collettiva “La Piazza in Attesa”, allestita di fronte al magnifico duomo della cittadina toscana ritenuta la culla italiana della scultura. Il connubio tra il contemporaneo e l’antico è mirabolante, anche se l’Anfora avrebbe forse meritato uno spazio più ampio, circondata com’è dalle altre opere che le si fanno vicine, quasi ad accompagnarla e farle compagnia, mentre essa è nata per stare isolata, come in una sempiterna quarantena. “In un’epoca di grandissimo cambiamento, di perdita di tradizioni e valori ecco un quadro dissolversi, scomporsi, frammentarsi, spaccarsi e un’anfora al centro che ancora permette di trattenere, conservare i pezzi rimasti: un serbatoio insomma di queste tradizioni rimaste che custodendole diventerà a sua volta la matrice, il mezzo necessario alla creazione -spiega Algarco commentando la sua serie di Anfore e quest’ultimo progetto, che è solo l’inizio di una nuova serie di idee – Le Anfore rispecchiano l’io di Algarco pienamente. Per questo L’Anfora è il mio simbolo, ciò che mi rappresenta. L’Anfora/Algarco rappresenta l’amante delle arti antiche, volto alle tradizioni fin da giovane, di natura conservatore che ora si trova nel quadro rotto di questa epoca contemporanea”. Algarco non ama parlare. Non è un oratore. È un uomo silenzioso e pacato, di intelletto e lavoro manuale, come tanti grandi del passato. Fa tutto da sé. Per realizzare l’Anfora ai Tempi del Covid ha lavorato nel suo laboratorio e poi in fonderia, ha ideato una teca dove mettere il capolavoro e lascirlo immerso per giorni e poi ha personalmente raccolto l’acqua di mare servita a “farlo ammalare”, curandolo come si cura un figlio. “Non avrei mai pensato di raccontar le mie opere. Mi piace l’idea della libertà di pensiero, di un’intuizione soggettiva positiva o negativa che dona all’opera d’arte quell’alone di mistero che la innalza ancor di più – spiega l’artista – Quanto ci sarebbe piaciuto che gli antichi ci raccontassero le loro opere. In realtà personalmente prediligo un approccio più mio, più personale, che elevi libero il pensiero anche perchè penso che in ciò stia la vera grandezza di un’opera che va ben oltre ad un semplice rapporto estetico. Uno stimolo quindi ad un ragionamento. Ciò che faccio racconta molte “cose “, m’innalza la mente e mi fa pensare molto in profondità. Sembrerà strano come un’unica immagine possa spiegare svariate cose allo stesso tempo è ciò penso che indichi che l’oggetto funzioni poiché crea infiniti stimoli e da allo stesso universalità”. L’Anfora ai Tempi del Covid e più in genere le Anfore di Algarco sono dunque testimonianza del suo legame con il fare e con la terra. “L’anfora è una scelta designata. Termina a punta per poter essere piantata nel terreno come era già da antichissime usanze. Diviene ora un legame molto stretto con la terra sottolinea Algarco- un attaccamento alla terra, un vero e proprio amore per essa. Da ciò si può intuire in quest’epoca di grandi cambiamenti climatici e di grandi disastri atmosferici cos’altro possa rappresentare un’anfora all’interno di un quadro rotto. La vita, la sopravvivenza, divenendo così ora L’anfora simbolo di ogni uomo e animale terreno che si trova in questa realtà. Una rappresentazione universale, credo”. Le opere di Algarco sono state esposte con quelle di maestri del calibro di Christo e Man Ray, ma hanno anche goduto di prestigiosi spazi personali e di un posto prestigioso in collettive italiane. Algarco è uno degli artisti italiani contemporanei più quotati e di certo uno tra quelli che sono considerati “geniali” dalla critica e dal pubblico: sia per il suo estro sia per la manualità. Algarco, diplomato al liceo artistico, sta accrescendo e affinando le sue capacità a Pietrasanta: culla della scultura italiana, dove ha uno dei suoi laboratori e dove vive per parte dell’anno, quando non è a casa sua in Valcamonica. Prossimamente Algarco tornerà ad esporre in Francia, mentre nel recente passato, grazie al critico Giorgio Gregorio Grasso, è stato protagonista degli eventi di Parma Capitale della Cultura e a Venezia. È stato pure a Firenze, a Palazzo Medici, a Lucca, a Piacenza e Milano.

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